Picnic ad Hanging Rock


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C’è un tempo e un luogo perché qualsiasi cosa abbia principio e fine…

 

Miranda, in Picnic ad Hanging Rock di Joan Lindsay

 

Nel 1967 la scrittrice australiana Joan Lindsay diede alla luce un romanzo destinato a diventare fondamentale nella narrativa contemporanea: Picnic ad Hanging Rock. Pochi sanno, però, che per sua espressa disposizione, l’ultimo capitolo, il diciottesimo, sarebbe stato pubblicato solo dopo la sua morte.

Il diciottesimo capitolo mancante contiene la chiave di volta nel destino delle ragazze protagoniste e, non a caso, porta il numero diciotto.

I Druidi utilizzavano l’alfabeto degli alberi, denominato Ogham, per riti divinatori. Questo alfabeto si componeva di diciotto lettere (5 vocali e 13 consonanti); ciascuna di queste lettere prendeva il nome dell’albero del quale è l’iniziale. Non solo, il numero diciotto, essenzialmente femminile, nella simbologia esoterica rappresenta il carattere ricettivo, creativo e intuitivo dell’individuo. La sua riduzione è il nove (18 = 1 + 8 = 9), con il quale condivide un’energia simile, essendo un numero femminile rappresenta la donna, nel senso di madre che genera una nuova vita.

Che ci potesse essere una soluzione profonda, esoterica, a tratti lacerante, i lettori più attenti lo hanno intuito dalla lettura del capitolo 3 – non ci dilungheremo sul perché è sul significato esoterico del 3, per noi fondamentale, poiché è il più conosciuto – per via di sottili incongruenze narrative che sembrano indizi, piccole briciole di pane.

Ma cosa è successo quel giorno ad Hanging Rock?

Dopo mangiato, nell’afoso pomeriggio ronzante di insetti, mentre tutte si addormentano, accade un fatto fuori dal comune: gli orologi si fermano sul mezzogiorno, come per effetto di un fenomeno magnetico. Quattro ragazze allora decidono di dare la scalata al picco; sono Miranda, la più vicina alla natura; Marion, il suo opposto in senso positivo, estremamente razionale; Irma, vanitosa e superficiale, e Edith, piena di paure.

Passo dopo passo la comunione con la roccia si fa sempre più intensa: tanto che la chiave del romanzo è tutta in quest’ascesa che Peter Weir, nel suo film, la segue e la immortala con una musica estremamente evocativa che richiama musiche tribali, native, suonata con un flauto di Pan. Anche qui non a caso, dato che Pan è un dio della mitologia greco-romana derivato da culti antichissimi, che simboleggia la comunione con la natura.

Ora le ragazze non sono più ingabbiate negli schemi che hanno regolato le loro vite fino a quel giorno: l’unica loro priorità e arrivare alla fine del cammino che hanno intrapreso e che le chiama verso un livello di intima comunione con la natura circostante.

Edith, a un certo punto dell’ascesa verso la cima della Roccia, si rende conto che sta succedendo qualcosa anomalo e viene colta da un vero e proprio attacco di panico, che la fa fuggire e precipitarsi a valle urlando fino a raggiungere le compagne per dare l’allarme. Anche qui il riferimento a Pan è chiaro: non solo perché “panico” deriva da Pan, ma anche perché il timor panico che era quella paura che provavano gli uomini quando attraversavano i boschi in sua presenza dandogli la sensazione di non aver più il controllo di ciò che li circonda.

A questo punto del racconto iniziano le ricerche delle ragazze: il picco viene setacciato ma le ragazze sembrano scomparse nel nulla. L’ottavo giorno viene ritrovata Irma svenuta ai piedi di una roccia, senza corsetto, con le unghie spezzate e i piedi misteriosamente puliti, e apparentemente in preda ad un’amnesia. Ma sul mistero che ha inghiottito Marion e Miranda non sarà più fatta luce né detta più alcuna parola.

Cos’era successo nel finale del romanzo che la Lindsay ha voluto tener celato fino alla morte?

Giunte in cima a Hanging Rock, Miranda, Marion e Irma si trovano di fronte ad un enorme monolite ovale, emanante un ronzio che esse percepiscono come un richiamo; il monolite, simbolo di una natura immobile e atavica, risucchia le giovani al di fuori dello spazio-tempo… E qui ci fermiamo.

Hanging Rock, luogo a noi molto caro, è un simbolo esoterico per eccellenza anche per la cultura dei nativi australiani. Gli aborigeni la venerano come una divinità poiché è come una sorta di antenna ancestrale che permette di entrare in una intensa comunione spirituale con la mente degli uomini e con l’essenza stessa della natura. E’ una sorta di porta di ingresso per dimensioni e realtà parallele. Un luogo che deve essere maneggiato con estrema cura e capacità anche dagli stessi Iniziati.

Se vi state chiedendo come può essere stato possibile che Hanging Rock abbia chiamato a sè queste ragazze, la risposta la può azzardare lo scrittore Milan Kundera nel suo libro l’insostenibile leggerezza dell’essere:

L’ assenza assoluta di un fardello fa sì che l’uomo diventi più leggero dell’aria, prenda il volo verso l’alto, si allontani dalla terra, dall’ essere terreno, diventi solo a metà reale e i suoi movimenti siano tanto liberi quanto privi di significato.

Noi, come sempre, riagganciamo il telefono.